Bi(bli)ografia

We few, we happy few
We bunch of data

Questo libro è (anche) colpa di Roberto Calasso e di Adelphi.
Cinque anni fa, quando feci leggere a un mio amico i primi capitoli, lui mi disse:

secondo me dovresti scrivere a Roberto Calasso di Adelphi; potrebbe diventare un caso letterario oppure potrebbe far lanciare una Fatwa nei tuoi confronti, o tutte e due le ipotesi insieme.

Era una buona idea, indipendentemente dalla possibilità di una pubblicazione: C’hi++ ha un grosso debito di riconoscenza, nei confronti della Adelphi e la sua dottrina prescrive che si ringrazi sempre chi ci fa del bene.

Sfortunatamente, però, quando all’inizio di Ottobre sono riuscito a terminare la mia storia, Calasso aveva già terminato la sua e così ora, alla fine del primo giro di bozze, mi trovo qui, seduto nella cuccetta della barca che mi fa da casa in questa piovosa notte fra il 1 e il 2 Novembre e non posso far altro che mandargli un ringraziamento postumo. Così com’è successo con lo Scirocco dei giorni scorsi, anche se Calasso non c’è più, le onde che ha generato viaggeranno ancora a lungo.


Da un punto di vista letterario, la gestazione di C’hi++ iniziò a metà degli anni ‘80, quando acquistai il Vijnanabhairava e Lo Zen e il tiro con l’arco. Non sapevo nulla di Zen, all’epoca, li comprai, quasi per scherzo, perché mi avevano incuriosito i titoli.
Leggendo l’introduzione del primo, scoprii che, nel VII secolo, c’era stata una diatriba fra due delegazioni di filosofi buddisti per derimere una controversia sulle modalità di raggiungimento dell’Illuminazione e che, al termine del convegno, gli sconfitti commisero suicidio rituale:

chi tagliandosi a pezzi, chi recidendosi i genitali, chi bruciandosi

Il testo, però, era più complicato di qunto mi aspettassi, così lo abbandonai. Il libro di Herrigel, al contrario, lo lessi tutto e mi piacque al punto che cominciai a tirare con l’arco.

All’inizio degli anni ‘90, il mio amico Wayne Martini mi regalò Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta dicendo: “Read it. It changed my life”. Io pensai: “Sempre esagerati, ‘sti americani!”, ma, come spesso accade, mi sbagliavo: il libro di Pirsig — letto proprio nel momento in cui cominciava la mia storia d’amore con i computer — cambiò anche la mia vita e mi spinse ad approfondire la conoscenza del Buddismo Zen.

In 101 Storie Zen, scoprii che l’origine della favola del Cavallo Fuggito, riportata da Calvino nelle sue Fiabe Italiane era tutt’altro che italiana, mentre ne La Porta Senza Porta mi colpì il Koan Nansen taglia a metà il gatto perché non riuscivo a capire con che diritto l’esponente di una religione che predica la benevolenza tagliasse a metà un gatto, a scopo puramnte didattico. Ci avrei messo poco più di dieci anni, a capirlo.

Nansen taglia il gatto

Nel frattempo, grazie al tiro con l’arco, ero diventato amico di Claudio Munisso, con cui, nel 1995, scrissi un manuale di programmazione in C e C++. Lui scrisse la parte relativa al linguaggio C, io quella sul C++. La struttura dei capitoli del manuale era mutuata da quella di “Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante”, di Douglas Hofstadter, con una premessa narrativa che introduceva il testo tecnico.

Un giorno il Professore entrò nel bar ed io, come sempre, mi recai al suo tavolo per prenderne l’ordinazione, ma prima ancora che potessi parlare, lui mi disse di essere in attesa di due amici, il signor C. ed il signor D., e che per ordinare avrebbe atteso il lo­ro arrivo. Questi suoi amici, mi spiegò poi, dovevano arrivare in auto dall’altra parte della città. Entrambi sapevano guidare ed entrambi avevano uno stradario, ma C. aveva un piccolo problema: non riusciva ad elaborare dei percorsi stradali se non nei termini propri della guida di un’automobile.

All’inizio di ogni capitolo c’era una citazione; quelle dei capitoli che scrissi io, non me le ricordo, mentre ricordo molto bene due frasi scelte da Claudio, perché mi spinsero a leggere i due autori citati. Una era di Meister Eckhart:

Sottrai la mente e l’occhio resterà aperto senza scopo

L’altra era di Ananda Coomaraswamy;

Se utilità e valore non sono di fatto sinonimi è solo perché, mentre la prima implica efficacia, si può attribuire valore anche a qualche cosa di inutile

Il primo libro che lessi, di Coomaraswamy, fu Il grande brivido e, da allora, tutto quello che ho detto o scritto sull’arte, qui o altrove, non è che una rimasticatura delle sue idee. A lui, devo anche la scoperta del Mantiq al-Tayr, di Attar.

Due libri senza i quali C’hi++ non sarebbe mai esistito o sarebbe stato molto diverso, sono: Il Libro dei Cinque Anelli di Musashi, che mi fu regalato da un’amica alla fine degli anni ‘90 ed Eureka, di Poe, che comprai dopo averlo trovato citato da Calvino nelle Lezioni americane, insieme a Breve storia dell’Infinito.

Un libro senza il quale io stesso sarei stato diverso è Il Gene Egoista. Dawkins sarà anche un senza-dio, come lo definisce il Maestro nel libro, ma è un uomo estremamente intelligente, che ha cambiato il mio modo di vedere il Mondo o, quanto meno, parte di esso. La cosa che mi stupisce, di lui, è come mai, essendo così intelligente, non capisca che è un terribile errore di generalizzazione ritenere tutti i fedeli dei fanatici e dei bigotti.

La mia speranza è che C’hi++ serva a chiarire questo malinteso.