C'hi++ - Proposta per una metafisica open-source

Gira 'sto telefono, come fai a leggere così?

NOTA
La struttura e il testo del Manuale si sono evoluti in manera diversa da quanto avevo previsto qui. Per fortuna, aggiungerei..

C'hi++

Proposta per una metafisica open-source

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E gli atei? rideva ancora.
Quelli mi annoiano perché parlano sempre di Dio.
Heinrich Böll - Opinioni di un clown

Executive summary

Il C’hi++ è una metafisica priva, o quasi, di elementi metafisici; una theologia naturalis per coloro che non riescono ad accettare per fede le affermazioni delle religioni canoniche, ma allo stesso tempo trovano insoddisfacente una visione siero/positivistica dell’esistenza. Un beneficio collaterale di questa metafisica è che può costituire una base “vendor independent” per la definizione di valori e principii etici che permettano alle macchine basate su Intelligenza Artificiale di risolvere problemi come quello riportato in copertina. Non ho titoli per scrivere di filosofia e religione, perché sono un Maestro d’Arte che dal 1990 si guadagna da vivere programmando e proteggendo computer, quindi approccerò questo testo e lo stesso C’hi++ come se fosse un progetto informatico: dopo questo Executive Summary, farò un’analisi della situazione esistente, evidenziando i difetti del sistema di valori attualmente in esercizio e proponendo come soluzione un recupero di spiritualità che non sfoci nell’esaltazione religiosa; successivamente, descriverò alcune vulnerabilità logiche delle religioni canoniche e definirò delle linee-guida atte a prevenirle; presenterò poi la “soluzione proposta”, ovvero il C’hi++, descrivendone le caratteristiche e l’evoluzione; infine, elencherò i passi successivi dello sviluppo del sistema.

Nel testo ho dovuto fare necessariamente dei riferimenti a concetti o metodologie proprii dell’informatica e ne ho fornito una breve descrizione per coloro che non abbiano familiarità con le attività di creazione del software; i tecnici mi perdonino le semplificazioni. Ho dovuto anche, per brevità, fare delle affermazioni senza comprovarle; i logici mi perdonino l’apodissi.

Analisi del sistema in esercizio

Se mi guardo indietro, per il mezzo secolo su cui ho visibilità diretta, vedo una lunga serie di fallimenti ideologici. Il Sessantotto ha spazzato via delle parti sicuramente rivedibili, ma fondamentali della nostra Società senza darci nulla in cambio, tranne la minigonna. La lotta armata degli anni settanta ha sparato alle persone sbagliate, mentre la reaganomics è crollata alla fine degli anni ‘80 insieme al muro di Berlino. Le speranze degli anni ‘90 si sono schiantate l’11 Settembre 2001 sulle Torri Gemelle e anche Internet, che nelle intenzioni iniziali sarebbe dovuta essere un mezzo per dare a tutti la possibilità di esprimere le proprie idee si è trasformata, nel tempo, in un sistema di controllo e di dis-informazione di massa. Quel poco che restava dei nostri valori e delle nostre idee è stato annichilito negli ultimi dieci anni dagli smart-phone e dai social-network. In questo scenario apocalittico, l’Uomo del terzo millennio, non potendo diventare né capitalista (c’è crisi)1, né comunista (Stalin e Mao hanno ucciso più persone di Hitler), né cattolico (lo chiedessero allo IOR, l’8 per mille), né ebreo (guarda gli Israeliani cosa fanno ai Palestinesi), né Musulmano (gli islamici sono degli esaltati che vogliono ucciderci tutti), si è richiuso in sé stesso così come il Giappone dei Tokugawa; ma mentre il Sakoku si accompagnò a un rifiorire delle arti, il vuoto ideologico dei nostri tempi ha generato degli zombie culturali che non leggono2, ignorano il passato e hanno rapporti con il Mondo esterno solo attraverso lo schermo del loro telefono: l’elettorato ideale per i demagoghi con aspirazioni dittatoriali. C’è modo di invertire questa tendenza o dobbiamo rassegnarci al declino? No.
No, non credo che qualcosa cambierà, almeno nel breve periodo, a meno che qualche evento esterno come una crisi, una guerra, una catastrofe naturale, un’invasione aliena o una presa di coscienza collettiva (in ordine decrescente di probabilità) non costringa la nostra specie a modificare il suo comportamento; e No, non intendo arrendermi senza avere almeno tentato, perché questi zombie sono le persone che determinano la qualità del nostro presente con il loro voto e con cui dovremo affrontare dei problemi da cui dipenderà il nostro futuro, come la sovrappopolazione, la scarsezza di risorse e l’accumulo di plastica negli oceani. Ma “tentare”, cosa? Il declino della nostra Società è un sintomo, non è il male; per curarlo, dobbiamo identificarne la causa.

Il male

Esiste un fattore comune alle ideologie degli ultimi cinquant’anni che ne ha accelerato l’obsolescenza e le ha rese incapaci di sopravvivere alla prima sconfitta: il rifiuto più o meno accanito di ogni forma non strumentale di spiritualità.3 Il problema, se si vuole definire uno schema di valori negando allo stesso tempo qualsiasi forma di trascendenza, è che si è costretti a ricercare i valori e le motivazioni della propria etica all’interno dello schema stesso. Si può fare, ma è sbagliato e limitativo. È sbagliato da un punto di vista etico, perché le regole che si definiscono sono sempre una conseguenza di esigenze contingenti (guerre, sopraffazioni, disparità sociali), venendo a mancare le quali lo schema logico del sistema perde di significato e si disgrega. È sbagliato anche da un punto di vista logico, perché i concetti di vero/falso, giusto/sbagliato devono sempre essere preesistenti allo schema a cui vanno applicati, altrimenti non è possibile sapere se la definizione che se ne dà sia giusta o sbagliata, vera o falsa. È limitativo, infine, perché restringe il numero dei possibili obiettivi da perseguire a un insieme finito di azioni o traguardi, raggiunti i quali non esiste più possibilità di migliorare.
Pensate al gioco degli Scacchi: non esiste nessun motivo, all’interno della scacchiera, che costringa ciascun pezzo a muoversi solo in una specifica maniera; le torri si muovono in orizzontale, gli alfieri in diagonale e il cavallo salta con una traiettoria a “L” in ossequio a delle regole definite al di fuori della scacchiera, ma è proprio da queste limitazioni che deriva il fascino del gioco. Al contrario, la Società moderna è una scacchiera in cui ciascun pezzo si muove nella maniera che preferisce, come “un asino privo di briglie” perché, in ossequio a un malinteso senso di libertà, sono state eliminate tutte le regole. Le persone di successo che si privano della vita sono pedoni che, arrivati alla fine della scacchiera grazie alla loro abilità, hanno scoperto che non esiste alcuna forma di promozione, perché insieme alle regole sono stati aboliti anche i giocatori.

La cura

Fermo restando che la vita su questo Pianeta non potrà mai migliorare realmente fino a quando non riusciremo a fare un uso più responsabile delle nostre gonadi, è ragionevole pensare che un nuovo schema di valori, che abbia al suo vertice la comunità e non l’individuo, unito a una moderata dose di spiritualità potrebbe aiutarci a uscire da questa picchiata auto-distruttiva, se troviamo un modo efficace per diffonderlo.
La (buona) politica sarebbe la soluzione ideale, se i (buoni) politici avessero il potere di prendere delle decisioni impopolari, ma ciò non è, perché gli elettori sono dei bambini che, dovendo scegliere fra un dietologo e un gelataio, non fanno mai la scelta corretta per la loro salute. La cultura non può venirci in aiuto perché la mancanza di stimoli esterni ha prodotto un’economia curtense delle idee nella quale letteratura, cinema, televisione e Internet riciclano ciascuna le idee delle altre, in un banchetto coprofago di concetti e storie già visti. L’arte potrebbe aiutarci, ma sfortunatamente non ce n’è più e quelle forme di appagamento sensoriale che da lungo tempo ormai ci vengono spacciate per “arte”, essendo espressione e quindi esaltazione di un singolo sarebbero addirittura controproducenti. La scienza, che in passato ha fatto molto per migliorare la qualità della nostra vita, in questo momento, specie in alcuni settori all’avanguardia come la bio-ingegneria o l’intelligenza artificiale, produce innovazione con più rapidità di quanto la Società riesca a metabolizzarla e, almeno per ora, fa più parte del problema che della soluzione.
Scartati politica, cultura, arte e scienza, non ci rimane che la religione. Per quelli che sono i nostri scopi, ovvero convincere la gente a non pensare in termini individuali, ma di gruppo, recuperando allo stesso tempo un certo grado di spiritualità, la religione è uno strumento perfetto: è gratuita, è adatta a tutte le età e non richiede una specifica preparazione o attitudine. Di contro, la religione ha due grossi difetti: il primo è che ampie fasce della popolazione hanno un’istintiva diffidenza nei suoi confronti perché le attribuiscono colpe che in realtà andrebbero imputate al clero e ai fedeli; il secondo difetto è che le ampie fasce di cui sopra hanno le loro buone ragioni di diffidare, perché la cattiva interpretazione o applicazione dei principii delle religioni ha di solito effetti devastanti. Possiamo attenuare il primo problema parlando di spiritualità o di metafisica, in vece che di religione, ma per risolvere il secondo dobbiamo capire quali siano le cause dell’instabilità delle religioni e cercare di attenuarle.

Bug noti delle religioni

La religione dovrebbe aiutare l’Uomo a vivere meglio. Dovrebbe dare uno scòpo alla nostra esistenza, aiutarci a superare i momenti di dolore e definire una scala di valori che ci permetta di prendere delle decisioni in quei casi in cui il raziocinio o il semplice buon senso non possono essere d’aiuto. Per fare un esempio: se vi ponessero queste tre domande, cosa rispondereste?

  1. Una ragazza è rimasta incinta a séguito di una violenza: può decidere di abortire?
  2. Un uomo, condannato per omicidio, in carcere ha ucciso altri due carcerati e una guardia: va condannato a morte o no?
  3. Un uomo è gravemente malato e vive grazie a delle macchine: può decidere di spegnerle o no?

Come vedremo fra poco, la religione può aiutarvi a trovare una risposta a queste domande. Nulla vi assicura che sia la risposta giusta — nulla potrebbe farlo — ma almeno è una risposta. Finora, però, le religioni non hanno aiutato l’Umanità a vivere meglio, anzi: hanno avuto spesso l’effetto opposto perché sono state prese a pretesto per guerre, soprusi e contrasti più o meno violenti. Ciò dipende da due fattori: la natura umana e la mancanza di solidità logica dei loro principii. Infatti, dovendo interessarsi di argomenti che non possono essere sottoposti a un’analisi razionale, le religioni sono costrette a dedurre le regole della propria dottrina da una serie di dogmi non dimostrabili che i seguaci della religione, i quali non a caso sono detti: “fedeli” o: “credenti”, devono accettare per buoni senza metterli in discussione. I dogmi sono i pilastri su cui si regge l’edificio della dottrina; se uno di essi si indebolisse o, peggio, se fosse rimosso, l’edificio rischierebbe di crollare, quindi ogni forma di eresia è vista dagli apparati ecclesiastici come un potenziale pericolo che va scongiurato con ogni mezzo, anche a costo di abiurare quegli stessi principii che si cerca di difendere. E qui, come direbbe Amleto, comincia il male, perché i dogmi non sono leggi comprovabili, ma opinioni o speranze e ogni tentativo di renderli più robusti ottiene l’effetto opposto perché si ampliano le dimensioni di una struttura che poggia su basi instabili.

Caso d’uso: il Buonismo

Per dimostrare l’affermazione fatta sopra, immaginiamo che esista una religione chiamata: Buonismo i cui dogmi siano:

  1. Dio esiste
  2. Dio ha solo proprietà positive
  3. Dio ha creato l'Universo

Partendo da queste affermazioni non dimostrabili e sapendo che l’Uomo fa parte dell’Universo, i Buonisti deducono che:

  1. Dio ha creato l'Uomo

Certi che la vita sia un dono di Dio all’Uomo e che Dio ha solo proprietà positive (onnipotenza, misericordia, bontà, giustizia, ecc.), i Buonisti deducono che la vita sia un dono positivo e come tale vada preservato. Di conseguenza, se qualcuno gli facesse le domande viste all’inizio, un Buonista non avrebbe dubbi e risponderebbe NO in tutti e tre i casi, perché la sua religione gli impedisce di rifiutare o sottrarre ad altri un dono divino. Molti potrebbero non essere d’accordo con questa posizione (io, per esempio), ma nessuno potrebbe criticare il buonista, che decide in maniera coerente con il suo Credo. Se però si domandasse allo stesso individuo:

  1. Se Dio è buono, giusto e misericordioso, perché nell'Universo da Lui creato esistono stupratori, omicidi e malattie?

il povero Buonista non saprebbe cosa rispondere, perché per farlo dovrebbe sconfessare almeno uno degli assiomi su cui basa la sua visione dell’esistenza. Dovrà quindi rifugiarsi in una risposta generica, chiamando in causa l’imponderabilità delle decisioni divine, oppure condannarvi al rogo come eretico.

Bug noti del laicismo

A questo punto, o forse anche da prima, vi starete chiedendo che bisogno ci sia di utilizzare uno strumento instabile come la religione e se non sarebbe meglio adottare, in vece, un approccio laico al problema. Il fatto è che, con buona pace di John Lennon, in un Mondo senza religioni la situazione non migliorerebbe: se le tre domande viste sopra le faceste a un giudice, vi risponderebbe che sì, la ragazza può abortire, ma né il condannato né il malato possono essere uccisi, perché la Legge lo vieta. Se però gli domandaste:

  1. Perché si può uccidere qualcuno che non ha fatto nulla di male perché ipoteticamente potrebbe rendere infelice la vita di sua madre, mentre non si può uccidere chi ha già fatto del male o chi ha una vita sicuramente infelice?

il buon giudice non avrebbe meno difficoltà del Buonista a trovare una risposta. La Legge gli impedirebbe di mandarvi al rogo, ma gli consentirebbe comunque di spedirvi in prigione, dove trovereste ad attendervi il simpatico soggetto della domanda B. Questo perché anche i principii delle società laiche, al pari dei dogmi delle religioni, non sono verità comprovabili, ma opinioni o speranze. A differenza dei dogmi religiosi, però, i laici non possono rifarsi a valori di ordine superiore e, come abbiamo visto sopra, devono trovare i fondamenti delle loro affermazioni nella realtà contingente, cosa che non sempre è possibile, quindi le loro regole risultano ancora più inconsistenti di quelle religiose.
Prendete ad esempio i trenta articoli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948: voi e io troviamo condivisibile, quasi pleonastico, che ciascun essere umano abbia diritto alla vita, alla libertà e a una giustizia imparziale, perché siamo stati educati con questi valori, ma qualcuno con un differente livello culturale potrebbe non ritenere queste affermazioni altrettanto evidenti in sé. Per quale motivo un Signore della Guerra centro-africano dovrebbe rispettarle, dato che non sono un insieme di norme giuridiche a cui gli Stati e gli individui debbano attenersi, ma un elenco di quelli che dovrebbero essere4 i diritti di ogni essere umano? Perché, soprattutto, dovrebbe rispettare delle regole volte al mantenimento della pace, promulgate da un’Organizzazione che ha al suo vertice dei Paesi che sono i principali produttori di armi del Mondo5 e che violano costantemente quelle stesse regole da loro promosse?
La Dichiarazione di Indipendenza americana comincia con queste parole:

We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.

Definire un principio: self-evident equivale a dichiarare un dogma: una convinzione che appartiene a chi scrive, ma non si applica necessariamente a tutti gli esseri viventi. È stata necessaria una guerra civile per far accettare agli Stati del Sud l’idea che gli schiavi africani erano esseri umani e dovevano dunque godere della libertà e sono dovuti passare 188 anni, fino al Giugno del 1964, per ammettere che la segregazione razziale era in conflitto con questo principio. Per non parlare dei nativi americani.
L’articolo 1. della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino francese recita:

Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits. Les distinctions sociales ne peuvent être fondées que sur l’utilité commune.

Questa affermazione è sicuramente condivisibile, ma sfortunatamente non è provata da alcun dato di fatto. Al contrario, è smentita dalla presenza di 26 monarchie che regnano su 43 delle 195 nazioni del Mondo.6
Insomma: dato che l’approccio laico presenta gli stessi problemi logici di quello religioso, mancando però dei corrispondenti lati positivi, non ci resta altra scelta che cercare di far “funzionare” la religione, esaminandone e correggendone gli errori.
Nel Mondo dell’informatica, questa attività viene detta debug.

Debug del Buonismo

Abbiamo visto che i tre assiomi del Buonismo:

  1. Dio esiste
  2. Dio ha solo proprietà positive
  3. Dio ha creato l'Universo

pur nella loro semplicità, diventano incoerenti se li si confronta con la natura percepibile dell’Universo e della vita. Ciò vuol dire che il modello logico/esistenziale del Buonismo, così com’è, non funziona; o meglio: che funziona solo in una percentuale limitata di casi. Un Buonista non può ammetterlo, perché diventerebbe un eretico, ma noi sì e possiamo anche cercare di capire cos’è che non va in questo schema per provare a migliorarlo in modo che funzioni nel maggior numero possibile di casi. Visto che il nostro sistema consta unicamente di tre precetti, dev’essere per forza uno di essi a creare problemi. Proviamo a negarli uno per volta e vediamo cosa succede:

Prima ipotesi: Dio non esiste

Negare il primo assioma equivale a eliminare del tutto la dottrina Buonista: se Dio non esiste, non può essere buono e non può aver creato l’Universo. Il sistema diventa coerente, ma a caro prezzo. Vediamo se si può fare di meglio.

Seconda ipotesi: Dio non è buono

Negando il secondo assioma, il nostro modello esistenziale diventa coerente senza annichilirsi, che è già un bel passo avanti rispetto alla prima ipotesi, ma la nostra condizione non è che migliori molto, perché ci troviamo abbandonati in un Universo cattivo in balìa di un Dio malvagio. Vale la pena di provare ancora.

Terza ipotesi: L’Universo non è stato creato da Dio

Se ipotizziamo che Dio esiste, è buono, ma l’Universo non è opera sua, bensì del Diavolo, otteniamo un modello coerente e tutto sommato accettabile. Sì, d’accordo, saremo condannati a vivere in un luogo dove esistono dolore e morte, ma solo per i pochi anni che passiamo su questa Terra; poi, tutto si sistemerà. Delle tre, quest’ultima è l’ipotesi più appetibile, ma solo se l’uomo è in possesso di un’anima, ovvero di uno spirito che condivida parte dell’essenza di Dio e che si riunirà a Lui dopo la morte. Se l’anima non c’è, ovvero se in noi non alberga una scintilla dello Spirito Divino, siamo solo dei pezzi dell’Universo: vivremo nel dolore e dopo la morte sarà tutto finito per sempre.
Qualunque visione della vita basata su questi presupposti è inaccettabile perché, mancando un Aldilà e una beatitudine condizionata al nostro comportamento terreno, ciascuno cercherebbe di ottenere il massimo possibile dagli anni che vivrà, pensando solo a sé stesso senza alcun rispetto per il suo prossimo. Come diceva Voltaire: “Dio non esiste, ma non ditelo al mio domestico, se no di notte viene a uccidermi”.
Priva del concetto di anima, la nostra ipotetica religione diventerebbe logicamente solida, ma non assolverebbe al suo còmpito primario, che è quello di rendere migliore la vita dell’Uomo; quindi, se vogliamo rinnegare il terzo dogma del Buonismo senza fare danni, dobbiamo essere certi che esista un’anima. Siccome, di fatto, non possiamo esserne certi, dobbiamo imporre questa condizione come dogma:

  1. L'uomo ha un'anima.

Questo atto di fede ci permette di rispondere senza esitazione alla domanda D:

Dio è buono, giusto e misericordioso. Nell’Universo esistono stupratori, omicidi e malattie è perché l’Universo è opera del Diavolo.

La nostra, però, è una vittoria illusoria, perché aumentando il numero dei precetti abbiamo aumentato la complessità del nostro modello e, di conseguenza, la probabilità di generare errori o incongruenze:

  1. Se l'Universo è stato creato dal Diavolo, perché l'Uomo, che fa parte dell'Universo, dev'essere stato creato da Dio?

Il Programmatore, vale 1 o 0?

Dato che non è possibile rendere coerente il Buonismo modificando i suoi precetti, dobbiamo assumere che uno di essi sia errato ed eliminarlo. Eliminare il primo precetto (Dio esiste) non è possibile, perché gli altri due si riferirebbero a un’Entità che non è definita. Eliminare il terzo precetto (Dio ha creato l’Universo) equivale a dire: “A Shanghai esiste un uomo di nome Mario”; se Dio c’è ed è buono, ma se non ha alcuna relazione con l’Universo e la nostra esistenza, a noi, cosa importa? Se però eliminiamo il secondo precetto, (Dio ha solo proprietà positivie) tutto magicamente si aggiusta: Dio esiste, ha creato l’Universo e l’Uomo, ma non è possibile dire se sia buono o meno, perché è improprio classificare l’essenza del creatore con gli attributi del creato; sarebbe come se i byte di un computer si chiedessero se il Programmatore valga I o 0.
Senza la premessa, conseguente al secondo precetto (Se Dio è buono, giusto e misericordioso), la famigerata domanda D non è più contraddittoria: se qualcuno ce la facesse, adesso, potremmo rispondere:

Nell’Universo creato da Dio esistono stupratori, omicidi e malattie perché ciò fa parte del Suo disegno, che noi non siamo in grado di comprendere.

Per quanto simile all’ipotetica: “risposta generica, che chiama in causa l’imponderabilità delle decisioni divine”, data dal Buonista prima di mandarci al rogo, la nostra sarà una risposta coerente (oltre che umile), perché non presuppone alcuna qualità, positiva o negativa che sia, di Dio. Soprattutto, noi non affermiamo di sapere cosa sia buono/giusto e cosa non lo sia, perché in effetti non lo possiamo sapere:

Dire che Dio esiste e che ha creato l’Universo è ragionevole: l’Universo esiste e quindi esiste necessariamente qualcosa, se non proprio un signore con la barba bianca, almeno un fenomeno o una funzione che possiamo considerare come suo Principio Creatore. Al contrario, dire che questo principio creatore sia “buono” è ipotetico; riflette una nostra speranza, che non dev’essere necessariamente vera.
Proiettare le proprie speranze o le proprie convinzioni nei dogmi di una religione è sbagliato, ma frequentissimo, anche fra i non credenti. Come abbiamo visto, per spiegare l’incongruenza fra l’idea di un Dio buono e la non-bontà dell’Universo da Lui creato, abbiamo tre possibilità differenti:

Delle tre, la prima è la meno conveniente, eppure la maggior parte dei non-credenti preferisce negare l’esistenza di Dio piuttosto che mettere in discussione la sua presunta bontà.

Buonismo 2.0

La nostra attività di debug ha avuto successo: rimuovendo il secondo precetto, siamo riusciti a rendere coerente la dottrina Buonista, ma allo stesso tempo abbiamo rimosso la ragion d’essere del suo nome; se Dio non è buono, che senso ha, chiamarsi: Buonisti? Non è solo una questione di carta intestata: dalla presunta bontà di Dio, la dottrina buonista deriva l’obbligo per l’Uomo di essere altrettanto buono; mancando il precetto decadrebbe anche l’obbligo e si aprirebbero le porte all’anarchia.
Stando così le cose, abbiamo due possibili scelte: o agiamo da logici e privilegiamo la coerenza del nostro modello, anche a costo di giustificare azioni esecrabili da parte di chi non si sente più in dovere di essere buono, o agiamo da pastori e privilegiamo la sicurezza del nostro gregge, anche a costo di sentirci dire che le nostre convinzioni sono contraddittorie.
Se scegliamo la logica, però, saremo costretti a scinderci dai Buonisti; la nostra dottrina non sarà un’evoluzione del Buonismo, ma sarà al contrario una dottrina a sé stante, che ha dei punti di contatto con il Buonismo, ma anche dei punti di attrito. I punti di attrito e gli scismi provocano sempre dei conflitti e, così, il nostro tentativo di rendere migliore la religione Buonista avrà ottenuto un risultato diametralmente opposto a quello che ci eravamo prefissi.
C’è un modo per evitarlo?

Imparare dagli errori

L’esempio riportato sopra ha evidenziato dei problemi che possiamo considerare congeniti a tutte le religioni:

Oltre ai problemi tipici delle religioni, abbiamo rilevato alcuni problemi tipici degli esseri umani:

Per correggere o quanto meno mitigare questi problemi, una religione dovrebbe quindi:

Pur se complesso, tutto questo è possibile.

Soluzione proposta

Da più di dieci anni sto sviluppando una metafisica che rispetta le condizioni viste sopra e che, soprattutto, è del tutto indipendente dall’esistenza di una o più Divinità. L’ho chiamata C’hi++, un gioco di parole fra il termine giapponese C’hi (ovvero: soffio vitale) e il linguaggio di programmazione chiamato: C++. Non è un accostamento casuale: la mia intenzione è quella di gestire l’evoluzione della mia teoria così come si gestisce il software; in particolare, il software cosiddetto: open-source.

Software open-source

Contrariamente al software realizzato da un individuo o da una società a scòpo di lucro, il software open-source è il prodotto della collaborazione di diversi programmatori che rendono disponibile il frutto del loro lavoro a titolo gratuito, pubblicando anche il codice sorgente del sistema.
Rispetto al software cosiddetto: proprietario, ovvero il software realizzato da una persona o da una società che ne detiene i diritti, il software open-source ha diversi lati positivi:

Versioni del software

I letterati, gli scultori, i pittori non possono modificare le loro opere, una volta che sono state pubblicate. Possono dare un ritocco di colore qui, un colpo di scalpello là, ma si tratta sempre di aggiustamenti minimi, che non cambiano la struttura stessa dell’arte-fatto. I musicisti, i teatranti e, in parte, i cineasti sono un po’ più fortunati, perché possono apportare più facilmente delle modifiche alle loro opere, ma si tratta comunque di eventi che accadono di rado.
Al contrario, la buona produzione di software ha il vantaggio di essere in continua evoluzione. Un software può essere stabile, ovvero non avere difetti noti, ma non è mai finito, completo, perfetto; sia perché l’utilizzo potrebbe rivelare dei difetti sfuggiti alla fase di test, sia perché delle variazioni del contesto di utilizzo potrebbero richiedere delle modifiche al sistema. Il buon software viene quindi costantemente aggiornato e le diverse versioni di uno stesso prodotto sono numerate in maniera progressiva con dei codici composti da tre numeri separati da punti (p.es. 1.4.3) che indicano, rispettivamente, la versione major, la versione minor e la patch. La versione major viene incrementata ogni volta che si apportano delle drastiche modifiche al software, rendendolo incompatibile con le versioni precedenti. La versione minor viene incrementata quando si modifica il codice in maniera minore, aggiungendo o modificando delle funzionalità in maniera compatibile con le versioni precedenti. Il numero di patch è incrementato ogni volta che si apportano delle modifiche o delle correzioni anche minime al sistema. La major version zero (0.y.z) è destinata allo sviluppo iniziale, quando il software non è ancora stabile e tutto può cambiare in ogni momento.
Il versionamento semantico ha anche altre regole, ma per quelli che sono i nostri scòpi possiamo fermarci qui.

Versionamento delle religioni monoteistiche

Se volessimo sottoporre a versionamento le principali religioni monoteistiche, otterremmo una sequenza simile a quella della tabella seguente.

ver. anno descrizione modifiche apportate
0.1.0 3200 a.C. Culti egizi Riduzione del numero degli Dei; enoteismo e atenismo POC7 del monoteismo.
1.0.0 2000 a.C. Ebraismo Dio è uno; tutti gli altri sono deprecati.
1.0.1 1200 a.C. 10 Comandamenti Esodo Redazione del manuale utente.
1.0.2 621 a.C. Deuteronomio Aggiornamento manuale utente.
1.0.3 500 a.C. Levitico Redazione del manuale di amministratore di sistema.
1.1.0 33 Gesù di Nazareth Evoluzione e debug delle regole.
1.1.1 60 Paolo di Tarso Evoluzione delle nuove regole.
1.1.2 70 Vangelo di Marco Documentazione versione 1.1.
1.1.3 85 Vangelo di Matteo Documentazione versione 1.1.
1.1.4 95 Vangelo di Luca Documentazione versione 1.1.
1.2.0 787 II° Concilio Nicea Miglioramenti all’interfaccia grafica: permesse le immagini sacre.
1.2.1 1284 Vescovo di Passavia Potenziamento dell’help-desk con l’introduzione dei Santi Ausiliatori.
1.3.0 1054 Chiesa Ortodossa Modifiche all’architettura del sistema: si passa da un sistema centralizzato a uno distribuito.
1.4.1 1540 Calvino Modifiche all’interfaccia utente.
2.0.0 610 Islam Cambio di major version: Dio è sempre uno, ma non è lo stesso di prima.
2.1.0 657 Sunniti Rimozione dell’utente amministratore.
2.2.0 661 Sciiti Ripristino dell’utente amministratore.

Versionamento del C’hi++

Il C’hi++ è, in un certo senso, monoteistico, ma non è una religione, quindi deve essere sottoposto a un versionamento autonomo. Trattandosi di un sistema ancora in evoluzione, ha come major version uno zero:

n. anno descrizione changelog
0.1.0 2004 Proto-C’hi++ Domenica 12 settembre 2004, scrivevo sul mio blog: La mia teoria cosmogonica comprende anche due fattori di primaria importanza, colpevolmente trascurati dalle altre teorie: il Minipimer e il concetto di: Immancabile Testa di Pera.
0.1.1 2007 Sostiene Aristotele Primo tentativo di formalizzare la strana teoria che andavo sviluppando. Ci sono già i quattro dogmi del C’hi++, ma non c’è ancora nessun accenno allo Spazionismo.
0.2.0 2009 C’hi++ Iniziata redazione del manuale C’hi++. Definizione iniziale dello Spazionismo.
0.3.0 2015 Manifesto Iniziata la redazione di questo documento.
0.3.1 2016 Adozione git Creato acconto per il progetto su GitHub.
0.3.2 2018 Allineamento Allineamento delle versioni git con quelle del Manifesto.
0.4.0 2018 Manifesto Markdown Conversione del Manifesto in formato Markdown
0.5.0 2019 Revisione Manifesto Revisione Manifesto come preogetto IT
0.6.0 2020 Presentazione Manifesto Articolo presentazione Manifesto
0.7.0 2020 Jekyll Adottato Jekyll per sito Web; l’articolo della versione 0.6.0 diventa il MANIFEST del progetto
0.8.0 2020 Manuale Redazione del Manuale

Già da queste poche righe è possibile vedere alcuni benefici dell’approccio open-source alla speculazione filosofica: nella versione 0.1.0 del C’hi++, la figura che definisco: Immancabile Testa di Pera era un elemento negativo, assimilabile al Diavolo o alla Discordia di Empedocle. Successivamente, però, ho capito che questa visione delle cose era la proiezione di un mio desiderio/speranza e sono passato a un modello meno giudicante, in cui i due Enti che generano l’Universo non sono in contrapposizione, ma cooperano in maniera simile allo Yin e allo Yang del Tao o a Prakṛti e Puruṣa dell’Induismo. Questa modifica, per quanto radicale, non ha avuto nessuna ripercussione negativa sul resto del modello teorico, dichiaratamente fallace in quanto ancora in fase evolutiva (major version 0); anzi: lo ha reso più robusto perché ha premesso di trovare delle affinità con altre religioni.
Se avessimo applicato la stessa modifica al Cattolicesimo, riabilitando la figura del Diavolo, le cose non sarebbero andate altrettanto bene perché, se il Diavolo non fosse cattivo, non solo dovremmo mettere in discussione la veridicità di moltissimi passi della Bibbia (che non può essere messa in discussione perché è la Parola di Dio), ma priveremmo la Chiesa della sua funzione primaria che è quella di salvare le anime, appunto, dal Maligno.

Release 0.1: Sostiene Aristotele

A Giugno del 2007 scrissi un documento dal titolo: Sostiene Aristotele che possiamo considerare la versione 0.1.1 del C’hi++. In questo documento, che risentiva della recente lettura di Eureka di Poe, ipotizzavo una vita dell’Universo ciclica, costituita da fasi di espansione e fasi di contrazione.8 Nelle fasi di espansione, l’Uno esplodeva, generando l’Universo così come lo conosciamo; nelle fasi di contrazione, l’Universo collassava nell’Uno. Anche se in embrione, gli elementi principali del C’hi++ ci sono tutti; la rarefazione degli elementi metafisici:

Sostiene Aristotele che le scienze più rigorose sono quelle che richiedono il numero minore di premesse. La cosa mi conforta, perché la mia ipotesi richiede solo tre premesse per funzionare a livello “base”, e quattro per una visione un po’ più appetibile delle cose. I tre dogmi principali della mia “religione” sono:

  • le cose possono esistere
  • l’Universo si espande
  • se lasci andare un peso, quello ti finisce su un piede.

la ciclicità dell’Universo:

Una volta che l’Universo sarà nuovamente collassato nell’Uno, i casi saranno due: resterà Uno per il resto del Tempo oppure esploderà di nuovo, dando vita a un nuovo Universo. La prima ipotesi è perfettamente lecita, ma è noiosa e contrasta con la tendenza generale delle cose ad avvenire per cicli (le stagioni, per esempio), quindi ce ne disinteresseremo, chiedendoci invece cosa potrebbe succedere se si verificasse un nuovo Big Bang. Anche qui, le ipotesi sono due. Una è: potrebbe essere che un Big Bang avvenga solo in determinate condizioni e che quelle condizioni portino necessariamente a un Universo identico a quello come noi lo conosciamo adesso; quindi, se l’Uno esploderà di nuovo, ricomincerà tutto da capo. La seconda ipotesi è che ogni Big Bang avviene in circostanze e con modalità specifiche e quindi, se l’Uno esploderà di nuovo, nascerà un nuovo Universo, che potrà avere pochi o nessun punto di contatto con quello corrente.
La prima ipotesi è possibile, ma poco probabile, quindi diamo per scontato che sia la seconda, quella corretta; tanto non cambia niente, perché il tempo che noi abbiamo a disposizione per far esplodere e implodere l’Universo è infinito e per quanto bassa possa essere la probabilità che si verifichino due esplosioni uguali, in un lasso di tempo infinito è impossibile che la cosa prima o poi non avvenga. In base allo stesso principio, dato per scontato che o prima o poi questo Universo tornerà a manifestarsi, è lecito pensare, non per fede, ma in base a un banale calcolo probabilistico, che anche ciò che c’è in esso possa o prima o poi tornare a essere. Noi compresi.

la memoria degli eventi passati:

Il quarto dogma si discosta dai tre dogmi principali perché è l’unico che richiede una certa dose di fede. (…) In parole povere: cos’è quello che comunemente chiamiamo: “istinto” e che Jung, se non ho capito male (probabile) definisce: “inconscio collettivo”? Non ho una risposta certa a questa domanda, ma solo un’ipotesi: Post-it. Promemoria che noi, nel corso delle nostre precedenti esistenze, abbiamo appiccicato da qualche parte, per ricordarci di fare o di non fare qualcosa. Una sorta di memoria persistente, esterna, o comunque non soggetta ai cicli di rinascita dell’Universo. Se l’Universo fosse un computer, potremmo pensare a tutto ciò che esiste come a un programma che “gira” in memoria e all’istinto (o all’immaginario collettivo) come a qualcosa scritto invece sul disco rigido. Ogni volta che il computer viene spento, la memoria si svuota e tutto quello che conteneva si perde, mentre ciò che è scritto sul disco rigido rimane lì, in attesa della prossima “accensione”. Insomma, il dogma numero quattro è: Lo sai, perché ci sei già passato.

l’autolesionismo delle scelte egoistiche:

Se davvero siamo tutti degli epifenomeni, possiamo manifestarci ora qui ora lì, a seconda dei casi e se io oggi (ovvero: in questo ciclo dell’Universo) mi metto a spacciare droga fregandomene delle persone che ammazzo e delle famiglie che rovino, domani (ovvero: in un altro ciclo di questa particolare specie di Universo), potrei benissimo ritrovarmi in uno di quei drogati o di quei familiari e subirei le conseguenze delle mie stesse azioni. È quindi decisamente meglio che io mi comporti bene e che cerchi, per quanto mi è possibile, di convincere anche gli altri a comportarsi bene.

la visone dell’esistenza come un processo di miglioramento continuo:

Ora, il concetto di “bene”, a prescindere da una Divinità e da un corpo di regole predefinito non è che funzioni granché (come dimostra, senza volerlo, il libro: “Un’etica senza Dio” di Lecaldano), ma nel nostro caso possiamo definire “bene” quel comportamento che non lede, almeno intenzionalmente, nessuno. È la differenza, drastica, che passa fra l’agire male e l’agire per il male. (Anche qui, devo semplificare, ma ho delle dimostrazioni per tutte queste affermazioni…) C’è una frase bellissima in un libro sulla vita dello spadaccino Myamoto Musashi: “Non bisogna interferire nel funzionamento dell’Universo, ma prima è necessario capire quale sia, il funzionamento dell’Universo”, che somiglia molto a una frase di Jacopone da Todi: “Prima devi sape’ perché stai ar monno; quanno sai er perché, te devi impara’ a stacce”. È (la prima frase) una forma estesa del Wu Wei taoista, ma come possiamo capire se stiamo interferendo nel funzionamento dell’Universo? È facile: se stiamo agendo in risposta a un’esigenza esterna alla nostra persona, è probabile che siamo sulla strada giusta; se stiamo agendo per soddisfare una nostra personalissima esigenza, è probabile che siamo sulla strada sbagliata. Un po’ la differenza che passa fra lo sparare a un alce per mangiarselo e sparargli per appendersi in casa la sua testa.
Ciascuno di noi è in grado di capire se si sta comportando bene oppure male: deve solo chiederselo e darsi una risposta sincera. Qualche volta non serve nemmeno chiederselo. (…) Il Paradiso e l’Inferno non sono altrove, sono solo due stati possibili dell’Universo e siamo noi, con le nostre azioni, a decidere in quale dei due vivere.

Il senso della vita è il debug

Considerare l’esistenza come un’eterna sessione di debug dell’esistenza stessa e gli esseri senzienti come i beta-tester9 di sé stessi permette di dare un senso a delle questioni che altrimenti sarebbero o irrisolte o paradossali — come il Koan Mu o il motivo per cui Nansen taglia in due il gatto10 — ed evidenzia l’importanza del pentimento, se questo non è solo riconoscere di aver fatto un errore, ma anche riproporsi di non commetterlo mai più. Infatti, se paragoniamo l’esistenza a una sessione di test del software, pentirsi equivale a identificare un bug del sistema e a segnalarlo agli sviluppatori11 perché venga corretto nelle successive versioni del programma. Visto che, nel nostro caso, beta-tester, sviluppatore e programma sono tutti la stessa cosa, ciò che avverrà è che il peccatore/beta-tester, nella successiva esistenza eviterà di ripetere l’errore commesso, così come un giocatore di scacchi evita di ripetere una mossa che si è rivelata perdente, e darà il via a una nuova variante della storia che, come una variante scacchistica, potrà rivelarsi migliore o peggiore di quelle precedenti. In quest’ottica, la frase:

cento Mondi di peccato sono dissipati dalla luce di un solo pentimento12

non è un’anomalia, ma è una diretta conseguenza della presa di coscienza del peccatore, perché se l’errore viene corretto, il dolore che ha causato in questa esistenza non si ripeterà nelle esistenze successive e l’Universo sarà un po’ più Paradiso e un po’ meno Inferno.
Per lo stesso principio visto sopra, se qualcuno fa qualcosa che vi arreca giovamento, è importante che glielo facciate sapere, in modo che possa farlo di nuovo nelle prossime esistenze. Questo è facile, oltre che educato, se la persona che ci ha favorito si è comportata bene nei nostri confronti, ma richiede tanta onestà intellettuale e un bel po’ di fede se la persona ci ha favorito comportandosi male nei nostri confronti.
In sostanza: la definizione che Frazer dà del termine religione:

gli sforzi dell’uomo per propiziarsi o conciliarsi potenze superiori che si suppone dirigano e controllino il corso della natura e della vita umana.13

è valida anche per il C’hi++, solo che le “potenze superiori”, siamo noi stessi.

Release 0.2: C’hi++

Nel 2009 ho cominciato a scrivere C’hi++, un manuale di programmazione scritto nello stile dei libri di filosofia giapponesi del XVII secolo. Questa ambivalenza è presente anche nel titolo, che è un gioco di parole fra il termine giapponese C’hi (ovvero: soffio vitale) e il linguaggio di programmazione chiamato C++. Il tono della narrazione è generalmente serio, ma non sempre. Ashvaghosha, nell’introduzione alla Saundarananda, afferma:

Questa composizione sul tema della liberazione è stata composta in forma poetica non per procurare piacere, ma per vincere nei lettori la propensione a distrarre la mente; e se ho trattato in esso temi diversi dalla liberazione è stato per renderla piacevole, così come una medicina amara si mescola con il miele per renderla bevibile.

Fatte le debite proporzioni, questo vale anche per C’hi++: molte affermazioni del Maestro sono ironiche e lo stesso nome scelto per gli elementi costitutivi dell’Universo (gli spazioni) e per la cosmogonia che ne deriva (lo Spazionismo) ha chiaramente un intento auto/ironico. Anche i riferimenti alla disciplina estetica della disposizione dei panni sullo stendipanni, l’Ikebarba, hanno lo scòpo di stemperare la seriosità del testo, allegerendone la lettura.

Mitopietica del C’hi++

Il testo riporterà gli insegnamenti che un vecchio maestro tramanda al suo giovane allievo sulla programmazione:

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dallo schermo, ero come ipnotizzato da quello strano codice che potevo capire solo in parte. In quelle sequenze di istruzioni c’era qualcosa che non avevo mai visto prima: un ritmo, una sorta di indefinibile bellezza di cui mi ero innamorato a prima vista. Chiesi al Maestro di insegnarmi il C++.
«E perché mai? ci sono linguaggi molto più facili da usare.»
Gli spiegai che non si trattava di un interesse tecnologico, ma estetico e lui restò in silenzio per qualche secondo, considerando quello che avevo detto.
«Qual’è il dovere di un programmatore? chiese poi.»
Lo pregai di definire meglio la sua domanda.
«Torna qui domani, se mi saprai dire qual’è il dovere di un programmatore, ti insegnerò il C++.»
Passai tutta la notte a meditare su quella strana domanda e la mattina dopo mi presentai al Maestro. Dissi che secondo me il dovere di un programmatore era quello di scrivere del buon codice. Il Maestro non distolse nemmeno lo sguardo dallo schermo e disse:
«Torna qui domani, se mi saprai dire cosa vuol dire scrivere del buon codice, io ti insegnerò il C++.»
Com’è facile intuire, anche il giorno dopo e per diversi giorni a seguire il Maestro trovò il modo di rimandare l’inizio del mio tirocinio con domande ancora più specifiche che andavano a colpire un’imprevista lacunosità delle mie risposte. Analizzai ogni possibile aspetto della produzione del software, dall’utilizzo delle risorse di sistema alle implicazioni sociali dell’incremento dell’occupazione derivante dall’evoluzione dei programmi, ma non ci fu nulla da fare: ogni volta il Maestro riuscì a trovare una scappatoia per venire meno al suo impegno.
Alla fine non ne potei più. Esasperato, dissi che ne avevo abbastanza di quella sua ostinata capziosità: per quanto io potessi essere specifico nelle mie risposte, ci sarebbe sempre stato un margine di indeterminazione. Se voleva insegnarmi il C++ doveva iniziare quel giorno stesso. Il Maestro mi fissò e, sorridendo, spense il suo computer.
«No, per oggi basta. Vieni domani per la seconda lezione».

Dopo aver insegnato al suo allievo a programmare con il linguaggio C++, il Maestro gli parlerà del C’hi++, ovvero il linguaggio con cui è stata scritta l’applicazione che gestisce l’Universo:

Tu sai che il primo programma che si impara in ogni linguaggio è di solito una semplice riga di codice che scrive: “Hello, World!” sullo schermo:

int main(int argc, char * argv)
{
    cout << "Hello, World!" << endl;
}

Con il C’hi++ è la stessa cosa, solo che il Mondo lo crei davvero.

L’Annosa Dicotomia

Nel racconto all’inizio del libro comparirà anche quello che poi sarà uno dei temi ricorrenti del C’hi++, ovvero l’Annosa Dicotomia fra ciò che desideriamo e ciò di cui realmente abbiamo bisogno:

Una volta di più, mi trovo a dover fronteggiare l’Annosa Dicotomia fra ciò che il cliente desidera e quello di cui realmente ha bisogno e, una volta di più, sarà ingrato compito dell’uomo informatico quello di venire apparentemente meno ai propri doveri al fine di produrre qualcosa di consono alle reali esigenze del committente.

L’Annosa Dicotomia è un fenomeno nefasto, simile alla Maya dell’Induismo, che ci impedisce di vedere con chiarezza ciò che è bene fare o perseguire. Così come l’illusorietà del mondo sensibile è il frutto dell’azione dei tre guna: Sattva, Rajas e Tamas, così l’Annosa Dicotomia nasce dallo scontro fra due forze contrapposte: Arte e Marketing. Arte dà all’uomo ciò di cui ha bisogno e, come una buona madre, non soddisfa i suoi capricci, ma si cura del suo benessere anche se ciò può apparire crudele. Marketing, al contrario, dà all’uomo ciò che desidera e, bramoso di approvazione, soddisfa ogni suo capriccio, incurante degli effetti che questi avranno sulla sua vita. Nell’estetica del C’hi++ a queste due forze se ne aggiunge una terza, intermedia: Decorazione. Sono opere di Decorazione tutte quelle idee e quegli artefatti che soddisfano i sensi dell’uomo, ma che non hanno alcuna influenza diretta, positiva o negativa che sia, sulla sua crescita spirituale.

L’Ikebarba

Un’applicazione pratica di questi principii si ha nella disciplina artistica dell’Ikebarba, che, come accennato prima, definisce i criterii etici ed estetici per la disposizione dei panni sullo stendipanni. Il principio filosofico che sottende l’Ikebarba è che ogni nostra azione è importante e non esistono momenti di serie A, nei quali facciamo le cose che ci piacciono e momenti di serie B, nei quali facciamo ciò che è necessario fare. Anche la stenditura dei panni, se approcciata correttamente, può essere un passo verso il miglioramento di sé e del Mondo. Il primo precetto dell’Ikebarba è una perifrasi della frase di Gesù sullo Shabbat:

L’Ikebarba è fatta per l’uomo, non l’uomo per l’Ikebarba

L’Ikebarba non deve essere un peso, per l’uomo, ma un obbligo giojoso. Un’Ikebarba ben fatta gli provvederà panni asciutti in minor tempo e renderà la vista dello stendipanni meno fastidiosa. Il secondo precetto dell’Ikebarba è:

L’Ikebarba comincia nel negozio

Gli indumenti di colore diverso o con colori sgargianti sono difficili da accostare cromaticamente; è preferibile quindi non farsi sedurre dalle lusinghe del Marketing e acquistare abiti dalle tinte sobrie e possibilmente intonati gli uni agli altri, in modo da renderne più facile e più elegante la composizione sullo stendipanni.14

Struttura del testo

I primi tre capitoli inquadrano storicamente il contesto in cui si svolge l’azione, un possibile futuro in cui gli informatici sono stati trasformati in una casta sacerdotale:

la società dipendeva ormai totalmente dai computer e i computer dipendevano dagli informatici; se un giorno avessero deciso di coalizzarsi e di scioperare, avrebbero messo il Paese, se non il Mondo intero, in ginocchio. Le psicopatologie tipiche degli informatici, la loro incapacità di gestire, se non addirittura di concepire una vita sociale, rendevano questa ipotesi molto poco probabile, ma era comunque un rischio troppo grosso per essere ignorato. Al contrario, l’indottrinamento degli informatici, la loro segregazione in una casta con forti componenti mistico-religiose, li avrebbero tenuti lontani dalle lusinghe dei sindacati e avrebbero reso l’ipotesi di uno sciopero improbabile quanto l’ipotesi di uno sciopero dei sacerdoti.

Nei capitoli seguenti, sarà descritto il linguaggio C++, facendo dei paralleli fra i suoi costrutti sintattici e alcuni concetti filosofici. Riporto di seguito alcuni esempi, anche si tratta ancora di appunti e non di un testo definitivo:

Commenti al codice

Affinità con i Post-it di cui parlavo prima, una sorta di memoria storica dell’Universo:

Esistono, dei commenti, nell’Universo? Qualcosa che ci permetta, da un’esecuzione e l’altra, di tenere traccia di ciò che è successo nelle esecuzioni precedenti?

Sistemi di numerazione

Indipendenza del concetto di quantità dal numero con cui viene rappresentata:

C’è qualcosa, in tutto questo, sulla quale vorrei che tu soffermassi la tua attenzione. I numeri descrivono una quantità, non sono una quantità. La quantità di fiammiferi che vedi qui sul mio tavolo, rimane la stessa sia che tu la chiami 4, 100 o IV, così come rimarrebbe la stessa se tu la chiamassi five o cinco. La quantità esisteva da prima che esistessero i numeri e gli sopravviverà. I numeri, li abbiamo inventati noi; la quantità, no.

Questo concetto tornerà utile più tardi, quando, a proposito delle classi, si parlerà della differenza fra il simbolo e ciò che rappresenta; o, se preferite, fra il significato e il significante.

Linguaggi di programmazione

Distinzione fra i linguaggi compilati (che producono software pronto all’elaborazione da parte del computer) e i linguaggi interpretati (che necessitano di un sistema di conversione del proprio codice in linguaggio macchina). Parallelo con i differenti tipi di mediazione delle Chiese nella relazione con Dio; per esempio, Cattolici e Protestanti.

Operatori

Questo capitolo utilizzerà l’operatore delete, che elimina dalla memoria del sistema un dato non più necessario, per illustrare il rapporto del C’hi++ con la morte, che non è più considerata un nemico da combattere, ma un fenomeno naturale necessario al buon funzionamento dell’Universo. Questo approccio si ritrova anche nel precetto:

Amiamo ciò che ci ucciderà (se tutto va bene)

che sintetizza il brano del Tao-Tê-Ching:

Infatti gli esseri fioriscono e (poi) ognuno torna alla propria radice. Tornare alla propria radice si chiama la tranquillità; ciò vuol dire deporre il proprio compito. Deporre il proprio compito è una legge costante. Colui che conosce questa legge costante si chiama illuminato. Colui che non conosce questa legge costante agisce da stolto e attira su di sé la disgrazia.

Valori booleani

È una piccola parte del linguaggio, ma una miniera di possibili parallelismi specie sulla relatività dei concetti di vero e falso:

il concetto stesso di Verità è inconoscibile perché, per essere definito, deve prima essere valutato e non è possibile valutarlo se non si sa cosa sia “vero”.
Russell sostiene che la condizione di “vero” o di “falso” è uno stato dell’organismo, determinato da condizioni esterne all’organismo. Questo è vero anche per i computer: “vero” e “falso” sono stati possibili per un’istruzione e dipendono per lo più da cause esterne all’istruzione stessa. La cosa interessante, in questo caso, è che “vero” e “falso” sono anche delle convenzioni che esulano del tutto dal contesto specifico del sistema. Per Access, “falso” è -1; per le prime versioni di MySQL è ‘f’; per Postgres o Oracle, è 0. Il computer, però, non ha IN SE’ il concetto di “vero” o di “falso”, ma solo l’associazione del valore booleano false a una determinata sequenza di bit. Il concetto di “vero” e di “falso”, quindi, è un valore simbolico che NOI inseriamo nella logica del computer, traducendo nel suo linguaggio un concetto che è propio del nostro mondo. Da questo punto di vista, potremmo essere d’accordo con William James, quando dice che un’idea è “vera” fintanto che credere in essa è utile per le nostre vite.

Classi e istanze

Il Maestro dirà:

Se vuoi capire le classi, devi leggere Aristotele.

ed è vero: per parlare delle classi del C++ si può attingere a piene mani da Aristotele. Per esempio, il concetto di “essenza” può essere utilizzato per spiegare le funzioni virtuali pure; i concetti di “anima” e “corpo” possono illustrare la differenza fra metodi e dati membro di una classe; i concetti di “universale” e “sostanza” spiegano la differenza fra dichiarazione e istanza di una classe:

La differenza fra universale e sostanza, in Aristotele è la stessa che c’è fra classe e istanza in C++, ed è corretto dire che un termine universale non possa essere il nome di una sostanza, ma solo il nome della sua classe, perché l’istruzione qui sotto dà errore.. :-)

class Uomo {};
Uomo Uomo;

Per l’ereditarietà delle classi i riferimenti saranno all’Etica Nicomachea:

Un padre può ripudiare suo figlio, se è cattivo, ma un figlio non può ripudiare suo padre perché gli deve più di quanto non sia in grado di pagargli e in particolare gli deve l’esistenza.

Debug

Il penultimo capitolo sarà dedicato al debug, ovvero alla correzione degli errori del codice. La citazione è tratta dal Breviario di estetica, di Benedetto Croce:

Un sistema è una casa che, subito dopo costruita e adornata, ha bisogno (soggetta com’è all’azione corroditrice degli elementi) di un lavorio più o meno energico, ma assiduo, di manutenzione, e che a un certo momento non giova più restaurare e puntellare, e bisogna gettare a terra e ricostruire dalle fondamenta. Ma con siffatta differenza capitale: che, nell’opera del pensiero, la casa perpetuamente nuova e sostenuta perpetuamente dall’antica, la quale, quasi per opera magica, perdura in essa.

C’hi++

Nell’ultimo capitolo gli stessi concetti visti a proposito del C++ saranno applicati al C’hi++ e di conseguenza all’intero Universo:

Il C’hi++ è allo stesso tempo un linguaggio di programmazione, un atteggiamento mentale e un modo di vivere. Chi pratica il C’hi++ scrive codice come se stesse vivendo e vive come se stesse scrivendo del codice. Vivere è come scendere in canoa lungo un fiume. Affannarsi a risalire la corrente è inutile e infruttuoso, perché il fiume è più forte di noi e non si stanca mai. Lasciarsi andare alla corrente è pericoloso, perché ci si potrebbe parare davanti un ostacolo e noi non avremmo modo di evitarlo. È necessario quindi remare solo quel tanto che ci permette di essere più veloci della corrente e di schivare gli ostacoli che, di volta in volta, si presentano sul nostro cammino. Similmente, scrivere del buon codice significa scrivere solo il codice necessario a raggiungere lo scòpo che ci si è prefissi. Aggiungere una sola virgola in più è sbagliato, perché rende più difficile il debug e più lento il programma. Chi pratica il C’hi++ applica lo stesso principio alla sua vita, e compie solo le azioni necessarie, ignorando tutto ciò che è superfluo. Capire quali sono le azioni necessarie è semplice, così com’è semplice, quando si naviga su un fiume, capire qual è la direzione della corrente.

Nell’ultimo capitolo sarà definita anche la cosmogonia del C’hi++, ovvero lo Spazionismo.

Spazionismo

Lo Spazionismo è l’evoluzione delle idee abbozzate in Sostiene Aristotele, dove la genesi dell’Universo era descritta a livello macroscopico:

  1. l’Uno Primigenio esplode, generando l’universo;
  2. l’Universo si espande;
  3. l’Universo si contrae tornando all’Uno;
  4. tutto ricomincia.

Lo Spazionismo descrive lo stesso processo, ma a livello più basso. Nell’ultimo capitolo del libro, il Maestro spiegherà al suo allievo che l’Universo è costituito da Spazioni, elementi infinitesimali dotati di esistenza potenziale. Così come lo schermo di un computer è costituito da una matrice bidimensionale di pixel, generalmente spenti, ma capaci di accendersi se colpiti da un raggio di luce, così l’Universo è costituito da una matrice tridimensionale di spazioni, capaci di esistere se ricevono energia. La sequenza vista sopra, riletta in chiave spazionista, diventa:

  1. l’Uno Primigenio esplode a causa15 di una Forza che ne disperde l’Energia nello spazio;
  2. l’Energia si spande per l’Universo e, conferendo massa/esistenza agli spazioni con cui viene a contatto, costituisce gli elementi gassosi, liquidi e solidi che noi conosciamo, dalle nebulose di Wolf–Rayet alla nostra maestra delle Elementari;
  3. sulla base delle esperienze precedenti, si ripetono le scelte che hanno dato esito positivo e si evitano le scelte che hanno dato esito negativo, generando una nuova variante16 della Storia, che a sua volta genererà nuove esperienze e nuovi Post-It;
  4. l’Energia, però, in ossequio a Poe e al terzo dogma del C’hi++, tende naturalmente a ricompattarsi nell’Uno e quindi a un certo punto il movimento si inverte e l’Universo comincia a contrarsi fino a ricostituire l’Uno;
  5. tutto ricomincia daccapo.

Basso accoppiamento

Lo Spazionismo è la parte più pericolosa di tutta la mia metafisica. Non solo perché non ho alcun titolo per parlare di spazio e materia, ma perché il nome stesso della teoria è legato ai suoi postulati: il nome Spazionismo deriva dal nome spazione e il nome spazione deriva dai presunti attributi dell’entità che rappresenta17. È, questa, la trasposizione astro-fisica del problema meta-fisico visto a proposito del Buonismo: se alla fine si scopre che Dio non è buono o che comunque non ha senso attribuirgli delle qualità terrene, il nome della religione non ha più senso, indipendentemente dalla solidità dei suoi precetti.
In informatica, questo rischio si previene adottando il metodo del basso accoppiamento o low coupling, un termine che non si riferisce alla generale difficoltà degli informatici a instaurare rapporti con persone di sesso opposto, ma alla separazione delle funzioni all’interno di un sistema. Se gli elementi interni di un sistema sono dipendenti gli uni dagli altri, la correzione o la modifica di uno di essi comporterà necessariamente anche la modifica del resto del codice. Al contrario, se gli elementi del sistema sono indipendenti gli uni dagli altri e ciascuno di essi svolge solo un compito ben preciso, le modifiche o le correzioni su uno di essi avranno un impatto molto basso o addirittura nullo sul resto del sistema. Sfortunatamente, quando ho pensato a tutto ciò, il nome Spazionismo era già stato assegnato e mi divertiva troppo per sostituirlo.

Release 0.3: Git

A Dicembre del 2016 divenne chiaro che anche se avessi potuto dedicare a questo progetto tutto il mio tempo (e non potevo), non sarei mai riuscito a portarlo a termine da solo. Trasformare il mio studio matto e disparatissimo18 in un progetto open-source, coinvolgendo nello “sviluppo” anche altre persone, mi sembrò la cosa migliore da fare, così cominciai a scrivere questo documento per spiegare ai potenziali collaboratori quali fossero le mie intenzioni e creai un repository Git con tutti i documenti che avevo prodotto fino ad allora.

Git

Git è un sistema con cui si gestiscono le diverse versioni di un software, ma può essere utilizzato per tenere traccia delle modifiche di qualsiasi documento elettronico. Leggendo il registro degli eventi di Git possiamo vedere quali sono state le modifiche apportate al sistema:

*   commit fa61cc01a2c1c3aeedc94a8a8a795e932d17f98d (origin/master)
|\  Merge: ced4c8f 1746b3c
| | Author: Chi++ <git@chiplusplus.org>
| | Date:   Sun Dec 16 20:10:08 2018 +0100
| |     Importato il branch 'release 0.4.4'.
| |
| * commit ef642e150a0237675a9c176a8a8f8d3cb34c5cb9
| | Author: Chi++ <git@chiplusplus.org>
| | Date:   Sun Dec 16 19:51:30 2018 +0100
| |     Prima di merge con bitbucket
| |
| *   commit e93ee12d95a75a06375eff64fbf571ca4b29f01f
| |\  Merge: f3674cc 9e3989b
| | | Author: Chi++ <git@chiplusplus.org>
| | | Date:   Sat Dec 15 19:42:22 2018 +0100
| | |     Merge branch 'release 0.4.3'
| | |

Ciascuno di quei “commit” identificati da una stringa alfanumerica che si vedono nel codice qui sopra, è una sorta di fotografia del sistema in un determinato momento dello sviluppo. Se ci si accorge di aver fatto un errore, si può ritornare indietro, annullando le modifiche fatte e ripristinando la vecchia versione del sistema.
Oltre a essere una versione informatica della Macchina del Tempo, Git permette di coordinare le modifiche fatte al codice da più utenti all’interno dello stesso gruppo di lavoro: ciascun collaboratore lavora su una copia locale dei file e poi trasmette le modifiche a un repository centrale dove tutte le modifiche sono integrate nella copia principale del progetto. Se un domani qualcuno volesse collaborare a C’hi++ potrebbe ottenere una copia di tutto il codice e i testi finora elaborati semplicemente eseguendo il comando:

git clone https://github.com/chi-plus-plus/chi-plus-plus.git

Mi sono dilungato su Git perché il prossimo paragrafo comincia con la frase..

Release 0.4: Markdown

Come si può vedere dal registro degli eventi di Git, il 9 Dicembre di quest’anno ho convertito il testo di questo documento dal formato OpenDocument al formato Markdown.

commit ba7ff38b6d0862b13a79f10153c2eb11477b2a1f
Author: Chi++ <git@chiplusplus.org>
Date:   Sun Dec 9 16:01:53 2018 +0100

    Completato aggiornamento della versione Markdown del Manifesto

commit f24b3147f8fee89f871ddceb171a6fb0a979cac1
Author: Chi++ <git@chiplusplus.org>
Date:   Sun Dec 9 10:30:25 2018 +0100

    Iniziata conversione Manifesto in formato Markdown

La differenza fra i due formati è che OpenDocument non è un formato testuale puro ed è più complicato da gestire con Git; al contrario, Markdown è un formato plain-text ed è gestito senza problemi da Git. Il passaggio a Markdown non è stato un vezzo, ma un obbligo, perché solo in questo modo è possibile avere un controllo completo sulle modifiche che sono apportate ai testi. Un beneficio collaterale dell’adozione di Markdown è stato la portabilità del testo: mentre un testo in formato OpenDocument può essere letto e modificato solo con un programma di desktop-publishing, come Word o una delle sue alternative, un testo Markdown può essere letto e modificato con qualunque strumento permetta di aprire e modificare file di testo, da Notepad a vi.

Portabilità

In informatica, il termine: portabilità indica la possibilità di eseguire uno stesso programma su computer con sistemi operativi di tipo differente. Per essere più precisi, la portabilità è la possibilità di creare copie di uno stesso programma che possano essere eseguite su piattaforme hardware/software differenti. Per poter essere eseguito su sistemi differenti, un software deve richiamare delle istruzioni che siano valide in tutti i sistemi hardware. Per esempio, un’istruzione che chieda in qualche modo:

questo testo fammelo in color rosso

può funzionare su tutti i sistemi, perché il colore rosso è uno dei tre colori di base della codifica RGB ed è quindi un concetto “noto” a ogni compurer. Al contrario, l’istruzione:

questo testo fammelo in color rosso pompeiano

può funzionare solo su un computer a cui sia stato insegnato come generare quella specifica sfumatura di colore nota come: rosso pompeiano.19

Traslando questo concetto in termini letterarii, possiamo dire che una vignetta di satira politica non è portabile, perché implica una conoscenza sia del soggetto della vignetta che dell’evento a cui si riferisce; al contrario, una (buona) poesia è portabile, perché si riferisce a concetti universali che chiunque è in grado di capire. Nel nostro caso, possiamo dire che la portabilità è la possibilità di rendere accettabile un concetto per persone aventi culture o convinzioni religiose di tipo diverso.

Portabilità del C’hi++

C’hi++ si riferisce alla programmazione dei computer, che è un ambito specifico di un settore specifico, quindi, da un punto di vista simbolico, ha un bassissimo grado di portabilità. Se fra duecento anni un archeologo ritrovasse i quaderni con i miei appunti e riuscisse a decifrare la mia grafia, potrebbe non capire a cosa io mi stia riferendo, quando parlo di classi, istanze e oggetti, mentre capirebbe perfettamente cosa simboleggiano l’Oca, l’Usignolo o il Pavone nel poema iraniano Mantiq al-Tayr, che è stato scritto nel XII secolo. In compenso, molti precetti del C’hi++ sono compatibili con precetti o idee appartenenti ad altre mistiche o filosofie. In questi giorni sto leggendo la Bhagavad-Gita.20 Alcuni passi mi hanno ricordato le affermazioni contenute in: Sostiene Aristotele; per esempio, sull’agire “bene”:

Tu hai diritto all’azione, non ai suoi frutti; non sia mai perciò il frutto dell’azione a spingerti ad agire, e nemmeno devi essere attaccato alla non-azione.

sulla natura dell’Universo:

Alla fine del proprio ciclo d’esistenza, un mondo collassa su se stesso, riassorbendo in una massa tenebrosa ogni forma di manifestazione: esseri viventi e oggetti inanimati giacciono allo stato latente in una condizione caotica. I cicli cosmici sono periodi temporali chiamati Manvantara, suddivisi al proprio interno in quattro ere o Yuga, ciascuna caratterizzata da una particolare qualità dell’esistenza. Si tratta di un ritorno periodico a condizioni di vita non uguali ma analoghe, da un punto di vista qualitativo, a quelle dei cicli precedenti, una successione di quattro ere che ricorda, su scala ridotta, l’alternarsi delle quattro stagioni.

sul dualismo Gravità/Entropia :

Il Sāṁkhya, la dottrina su cui si fonda lo Yoga, parla di due princìpi che, interagendo tra loro, manifestano l’intero universo con tutti gli esseri viventi e gli oggetti inanimati che lo popolano: Prakṛti, il polo materiale e femminile, e Puruṣa, quello spirituale e maschile; nell’essere umano Prakṛti costituisce il corpo e la mente, che diventano la dimora dell’anima individuale (puruṣa).

su quelli che io ho definito i Post-It:

Ci sono due categorie di saṁskāra; la prima consiste nelle vāsanā, che sono impressioni lasciate nella mente dagli avvenimenti passati, tracce qui conservate allo stato latente ma pronte a manifestarsi in presenza delle condizioni adatte, cioè di situazioni analoghe a quelle che le hanno generate, e che le attiverebbero a causa della loro affinità. Sulla spinta delle vāsanā, una volta che siano attivate, e degli stati d’animo che queste manifestano, l’individuo presenta una tendenza inconscia ad agire in un determinato modo, e più in generale ad avere un certo tipo di comportamento, di sensibilità, di carattere; si tratta di una predisposizione innata che lo induce, nel bene come nel male, ad un comportamento analogo a quello che ha tenuto in passato, creando un circolo vizioso (o virtuoso) che si autoalimenta.

Ho trovato delle analogie ai precetti del C’hi++ anche nel Mantiq al-Tayr21:

Tutto è un’unica sostanza in molteplici forme, tutto è un unico discorso in diverse espressioni (…) Egli sfugge a ogni spiegazione, a qualsiasi attributo. Di Lui soltanto una pallida idea ci è concessa, dare compiuta notizia di Lui è impossibile. Per quanto bene o male si parli di Lui, in realtà d’altri non si parla che di se stessi. (…) O Creatore, tutto il male o il bene che feci, in verità lo feci solo a me stesso.

Cito questi due testi perché non li conoscevo quando ho cominciato a formulare la mia teoria e quindi non è possibile che abbiano influenzato le mie affermazioni, diversamente da testi che conoscevo già, come il Tao-tê-ching o Eureka, di Poe. Ho trovato altre analogie in frasi di Eraclito, Zenone, Anassimandro e Spinoza, ma non ho avuto ancora modo di approfondirle. Per certi versi anche la stessa Genesi biblica può essere considerata un’allegoria della cosmogonia spazionista: il Paradiso è l’Uno primigenio, mentre Adamo (Puruṣa) ed Eva (Prakṛti) sono l’Ente che ne causa la disgregazione, generando un Universo dove si partorisce nel dolore e dove ci si deve guadagnare il pane con il sudore della fronte.
Essendo una metafisica-non-metafisica, però, C’hi++ deve preoccuparsi anche della portabilità scientifica dei suoi precetti. Come ho scritto a proposito del basso accoppiamento, il grosso pericolo dello Spazionismo è che deriva il suo stesso nome da uno dei suoi precetti ed è quindi fondamentale che la teoria spazionista non collida apertamente con quelle che sono le conoscenze scientifiche correnti. Fortunatamente, la scorsa settimana ho scoperto che il fisico Carlo Rovelli22 sta sviluppando una teoria sulla granularità dello spazio che presenta diverse affinità con lo Spazionismo. Anche se inizialmente ho avuto la tentazione di informarmi meglio per capire, se non proprio la verosimiglianza, quanto meno l’ammissibilità scientifica di alcune affermazioni che penso di fare nel racconto, alla fine ho deciso di approfondire l’argomento solo dopo aver terminato questo testo, per non farmi influenzare e per non procrastinarne la pubblicazione di altri due anni.
Un ultimo esempio, che è poco più di un gioco di parole e che riporto qui solo perché io amo i giochi di parole, si ottiene invertendo i fattori dell’equazione di Einstein:

E = mc2

in:

m = E/c2

In termini spazionistici, questo equivale a dire che l’Universo (tutta la massa) è Dio (tutta l’energia) diviso la velocità della luce al quadrato: una affermazione che trovo divertente perché, per la teoria spazionista, ciò che divide Dio creando l’Universo è un’entità che si può chiamare o Diavolo23 o, anche, Lucifero24; in sostanza: colui che divide o colui che porta la luce.

Istituto Geografico Mistico

È interessante vedere come un modello teorico, basato su presupposti intenzionalmente materialistici, possa essere compatibile con religioni e filosofie nate in luoghi e in tempi lontani fra loro. Involontariamente compatibile, aggiungerei, perché, come scrissi in: Sostiene Aristotele, quando ho cominciato a sviluppare questa teoria volevo solo vedere se fosse possibile creare una metafisica senza elementi metafisici.

Credo che il rapporto che c’è fra C’hi++ e le religioni rivelate sia lo stesso che passa fra l’immagine da satellite di un bosco e la rappresentazione della stessa area in una mappa topografica dell’I.G.M25. L’immagine da satellite descrive il bosco così com’è, in tutta la sua bellezza e la sua complessità; la mappa topografica rappresenta quella stessa bellezza con dei simboli, delle convenzioni tipografiche. Chi conosce la zona può orientarsi con l’immagine da satellite, godendo così di tutta la bellezza del luogo; chi invece non conosce la zona o non ha un buon senso dell’orientamento utilizzerà la mappa, che gli fornirà una rappresentazione più fredda, ma più facile da interpretare.

Si tratta in entrambi i casi di rappresentazioni incomplete, perché prive di una delle dimensioni del modello a cui si riferiscono, ma se dobbiamo utilizzarle per ritrovare la strada di casa in mezzo alla vegetazione questo è un bene, perché ci permette di avere una visione sintetica di qualcosa che sarebbe impossibile descrivere dettagliatamente. Vista in quest’ottica, la “sovrapponibilità” del C’hi++ con le religioni ispirate non sembra più strana, ma assolutamente normale.

TODO

Come tutti i progetti software degni di questo nome, anche C’hi++ ha una sua roadmap che definisce la successione dei passi da compere per il completamento del lavoro: terminata la redazione di questo testo, riprenderò la stesura di C’hi++, convertendo il testo attuale in formato Markdown e definendo la struttura dei capitoli relativi al linguaggio C++, così come li ho descritti sopra; parallelamente, dovrò riprendere la catalogazione dei miei appunti, trascrivendoli nella mappa Vue del progetto per poi includerli nel testo del manuale; dovrò poi verificare l’ammissibilità scientifica dei precetti dello Spazionismo, modificandoli se non fossero corretti, per poi includerli nel capitolo finale del libro; infine, cercherò di battere il record di Robert Pirsig, che ricevette 121 rifiuti prima che un editore accettasse di pubblicare il suo libro: Lo Zen e l’Arte della Manutenzione della Motocicletta. Se mai riuscirò a fare tutto questo, sarò solo all’inizio.

Kernel e shell

Il sistema operativo è quell’insieme di programmi che gestiscono il funzionamento dei computer, facendo da tramite fra l’hardware del sistema e le richieste dell’utente. Il software dei sistemi operativi può essere suddiviso logicamente in due blocchi: il kernel e la shell. Il kernel è quella parte del sistema che “parla” con l’hardware, gestendo la memoria, gli accessi al disco rigido, le comunicazioni di rete e così via. La shell è invece quella parte del sistema che interagisce con l’utente, traducendo in lettere, immagini e suoni i codici numerici prodotti dal kernel.26 In quest’ottica, C’hi++ è un kernel, non un sistema operativo completo, perché è privo di una vera e propria interfaccia utente. Questa mancanza è un requisito di progetto, non un errore, ma lo rende poco adatto all’utilizzo di massa e dato che:

la maggior parte degli esseri umani alla ricerca del senso della vita ha la tendenza a divenire parte di un gruppo, anche se non ne condivide del tutto le convinzioni, dato che nel gruppo/tribu trova protezione e forza27

sarà necessario definire una o più “interfacce utente” che facilitino la fruibilità dei precetti del C’hi++ definendo delle forme rituali e di aggregazione. Un ostacolo alla diffusione di massa che, al contrario, non penso sarà possibile rimuovere è che C’hi++, intenzionalmente, non dà delle risposte definitive, assolute, ma stimola a una ricerca continua. Per alcuni, questo può essere un lato positivo, ma si tratta di una minoranza; in questo momento, la maggior parte delle persone è alla ricerca di certezze, non di verità. D’altro canto, il Buddismo Zen utilizza un approccio simile da più di mille anni e anche la religione ebraica, se dobbiamo credere al Katz28, ha prodotto un gran numero di premii Nobel perché spinge i suoi fedeli a mettere in discussione le affermazioni dei testi sacri, rendendoli così più propensi a sviluppare idee originali, quindi preferisco aspettare un po’, prima di considerare un errore questa caratteristica.

Un’etica per apparati digitali

In questo periodo storico, non sono solo gli umani ad avere bisogno di una nuova etica. Qualche tempo fa, stavo cercando un saggio sul brainjacking29 su Springer e nell’elenco degli articoli mi sono apparsi due titoli in sequenza:

In sostanza, è da vent’anni che si sta lavorando a del software “sensibile ai valori”, ma ancora non si è riuscito a decidere quali debbano essere questi valori. Faccio un esempio per spiegare che cosa ci faccia, una macchina, con dei valori morali. Immaginate che ci sia un’automobile guidata da un sistema basato su intelligenza artificiale che sta viaggiando in completa autonomia con a bordo un facoltoso notaio. D’improvviso, da dietro un’auto parcheggiata, sbuca un bambino. Il computer di bordo elabora i dati su velocità e direzione e scopre che quella storia non ha un lieto fine, perché qualunque cosa faccia, morirà qualcuno: o il bambino o il notaio. L’auto, a questo punto, deve decidere quale dei due umani uccidere, come se fosse un software per il gioco degli Scacchi che debba decidere quale di due pezzi in pericolo sacrificare. Ma mentre il programma scacchistico conosce perfettamente sia il valore assoluto dei due pezzi in questione30 che il loro valore relativo in quel preciso momento della partita31, l’auto non sa nulla dei due umani. Del passeggero conosce i dati anagrafici e biometrici (peso, lunghezza delle gambe, firma vocale ecc.), mentre del bambino conosce solo la posizione e, vagamente, la massa; nulla sa, la povera automobile, della loro caratura morale o di ciò che faranno in futuro, se lei gliene concederà uno. Non può quindi decidere in base alla logica, ma deve porli arbitrariamente su una scala e sacrificare quello che si trova sul gradino più basso. Il problema è che di scale non ce n’è una sola. Nella scala di valori del bambino o di sua madre, lui è sicuramente al primo posto: è giovane, ha tutta la vita davanti e un sacco di esperienze da fare. Anche il notaio è probabilmente in cima alla sua scala di valori, ma al primo posto potrebbe anche esserci il bambino se, per esempio, questo fosse suo figlio o suo nipote. Nella scala di valori dell’Ufficio Marketing della casa automobilistica il bambino viene prima del notaio, perché il titolo:

Smart-car sacrifica un notaio per salvare un bambino

è più facile da gestire di:

Smart-car uccide un bambino per salvare un notaio

mentre dal punto di vista dell’Ufficio Legale o della società assicurativa, il notaio vale più del bambino, perché è più costoso da ripagare. L’auto non ha il tempo di valutare tutte queste variabili, quindi ha bisogno di una sua scala di valori che le permetta di prendere delle decisioni in quei casi in cui il raziocinio o il semplice buon senso32 non possono essere d’aiuto; in altre parole, l’automobile ha bisogno di una Fede. Ovviamente non potrà essere una delle religioni canoniche, perché sarebbe limitante dal punto di vista delle vendite e apparentemente non sarà nemmeno una filosofia laica, perché se ce ne fosse una adatta, in vent’anni l’avrebbero trovata. Dovrà quindi essere qualcosa di intermedio, né religioso né laico, con principii che siano condivisibili (e condivisi) dalla stragrande maggioranza dei cittadini e dei legislatori.33 Dovrà essere in condizione di adattarsi senza stravolgimenti al mutare delle fogge e dei costumi della Società e dovrà poter imparare dai suoi errori, correggendoli rapidamente. Dovrà essere vendor-independent e open-source, per facilitare la scoperta e la correzione di eventuali errori. Tanto meglio, poi, se potesse essere compresa e gestita facilmente dal software e dagli informatici. Il C’hi++ potrebbe essere tutto questo. I principii del C’hi++, anche se ancora in embrione, permettono risolvere il dilemma bambino/notaio in maniera abbastanza semplice perché per C’hi++ non ha importanza chi dei due debba essere sacrificato, basta che la scelta sia preventiva e intenzionale, in modo che possa essere modificata nelle successive vite dell’Universo. In pratica, l’utente della smart-car, prima di partire, dovrà decidere che tipo di comportamento dovrà adottare il sistema nel caso si presentasse il problema: “o lui o io”; una soluzione che risolve non solo i problemi del sistema di guida, ma anche quelli degli uffici marketing e legale, perché scarica la responsabilità della scelta sull’utente e non sulla casa automobilistica o sul produttore del software. In ottica C’hi++ il titolo sul giornale potrebbe essere:

Notaio uccide bambino con la sua smart-car. Chi vi dice che sia una disgrazia?34

Conclusioni

Non so quale sarà il destino di C’hi++; non so dire nemmeno se questo testo mi procurerà aiuto o sberleffi. Un amico, a cui ne ho fatto leggere una prima bozza, sostiene che:

potrebbe diventare un caso letterario oppure potrebbe far lanciare una Fatwa nei tuoi confronti, o tutte e due le ipotesi insieme

È possibile, ma io credo piuttosto che non avverrà nulla; almeno, non nel breve periodo perché temo che, per la maggior parte dei potenziali lettori, accettare le idee del C’hi++ equivarrebbe a mettere in discussione la propia vita e le persone, in genere, non amano mettersi in discussione. Comunque, fino a che ne avrò la possibilità, io porterò avanti questo progetto. Se anche un giorno dovessi scoprire che gli elementi costituivi dell’Universo non si chiamano spazioni, ma culturi e fossi per ciò costretto a cambiare il nome della mia cosmogonia in Culturismo, io incrementerò di un’unità la major-version del mio progetto e andrò avanti. Non per ostinazione, né per idealismo, ma perché questa metafisica-non-metafisica, come l’ho definita prima, funziona: mi aiuta a decidere quale sia la cosa giusta da fare quando non è facile capire quale sia la cosa giusta da fare e mi aiuta ad affrontare i momenti difficili della vita, mia o altrui che sia, senza accettazioni per fede, ma basandomi solo su considerazioni di ordine logico. Inoltre, è una storia che non è ancora stata scritta e, allo stesso tempo, la storia che la nostra razza scrive da sempre. Mi sembra un motivo più che sufficiente.

Note

  1. Le frasi in corsivo sono commenti trovati sui social-network.
  2. www.istat.it/it/archivio/213901
  3. Il Capitalismo, al contrario, gode di ottima salute perché trova la sua giustificazione spirituale nell'idea calvinista che il successo negli affari sia l'indice di un favore divino.
  4. Il testo si definisce: a common standard of achievement for all peoples and all nations, to the end that every individual and every organ of society, keeping this Declaration constantly in mind, shall strive
  5. Dati SIPRI (www.sipri.org).
  6. www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2013/07/22/meet-the-worlds-other-25-royal-families
  7. Proof Of Concept: prototipo che serve a di/mostrare le funzionalità di un nuovo sistema o processo.
  8. Di cui potrebbe essere un'eco l': “inspirare, espirare” all'inizio della poesia funeraria del monaco Gesshū Sōko.
  9. I beta-tester sono le persone che provano in anteprima i programmi che stanno per essere rilasciati sul mercato per cercare eventuali errori sfuggiti alla fase di test interno effettuato dell'azienda produttrice.
  10. Mumon, La Porta Senza Porta. Adelphi, 1987.
  11. Grazie a un “imprintig karmico” che io qui chiamo Post-it e che Yoga e Buddismo chiamano Vāsanā.
  12. Attar, Farid al-din - Il verbo degli uccelli (Mantiq al-Tayr). Edizione elettronica - Kharabat, Collana di letterature orientali.
  13. Frazer, James George - Il Ramo d'Oro. Edizione elettronica - Newton Compton 2012.
  14. Un guardaroba di tipo militare o maoista, con indumenti identici e dello stesso colore è, però, un eccesso da rifuggire, perché rende monotona l'Ikebarba.
  15. E non: per colpa, come nella versione 0.1.1
  16. L'utilizzo del termine scacchistico è intenzionale, perché non è detto che la nuova successione degli eventi sia migliore di quella precedente.
  17. Il nome spazione è anche un riferimento, intenzionalmente auto-ironico, ai: cosoni, i baccelli del film Totò sulla Luna, parodia nostrana de: L'invasione degli ultracorpi.
  18. Il gioco di parole è intenzionale. <a href="#fn-18" name=leopardi"">↩</a>
  19. Alcune delle possibili codifiche sono: #cf3054, rgb(207, 48, 84), hsl(346, 62%, 50%).
  20. Scarabelli, Piera; Vinti, Massimo. Bhagavad Gita: Con un commento del testo basato sul Gītā Bhāṣya di Rāmānuja. Edizione elettronica - Mimesis Edizioni.
  21. Attar, Farid al-din - op. cit.
  22. Autore, per altro, di un libro proprio su Anassimandro.
  23. diàvolo s. m. [dal lat. tardo, eccles., diabŏlus, gr. διάβολος, propr. “calunniatore” (der. di διαβάλλω “gettare attraverso, calunniare”), adoperato nel gr. crist. per tradurre l’ebr. śāṭān “contraddittore, oppositore”]. <a href="#fn-23" name=diavolo">↩</a>
  24. lucìfero agg. e s. m. [dal lat. lucĭfer -a -um, comp. di lux lucis “luce” e -fer “-fero”, calco del gr. ϕωσϕόρος].
  25. Istituto Geografico Militare.
  26. È una descrizione molto semplicistica, ma sufficiente per quelli che sono gli scòpi di questo documento.
  27. E.C. Schenck, citata da Frazer.
  28. Eran Katz - Jerome diventa un genio - Barbera Editore, 2006.
  29. L'intromissione malevola nel funzionamento di una protesi cerebrale, per alterare il comportamento del paziente.
  30. Il pedone vale meno di un cavallo, che vale meno di un alfiere, che vale meno di una torre ecc.
  31. Un pedone può valere più della stessa regina, se è in condizione di dare scacco matto all'avversario.
  32. Che, ne caso di un'automobile, potrebbe essere una sorta di registro storico delle situazioni indecidibili del passato, simile al Book delle partite scacchistiche.
  33. Un'automobile barbelognostica, per quanto realizzabile, sarebbe molto difficile da difendere in tribunale.
  34. Citazione dal koan Zen Il cavallo scappato, ripresa da Calvino nelle sue Fiabe Italiane.