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Gira 'sto telefono, come fai a leggere così?

Religione e Scienza

01 Jun 2020

Religione, Scienza e Filosofia sono tre ritratti di una stessa modella: la nostra Esistenza. Ciascun pittore la ritrae da un diverso punto di vista e con il proprio stile pittorico, ma tutti e tre vedono la stessa immagine, con le stesse luci e le stesse ombre. Tutti e tre cercano di intuire il corpo che s’anca in curva callipìgia dietro alle pieghe del drappeggio, ma a nessuno è dato di vederlo nella sua nuda bellezza. Inoltre, come ci ha insegnato Magritte, quella che vediamo ritratta nei tre quadri non è la modella, ma una sua riproduzione bidimensionale. Più o meno somigliante, ma diversa e inferiore all’originale.

In una recente discussione epistolare riguardante questo tema, ho stilato un elenco — non del tutto serio, ma veritiero e imparziale — di quelli che, a mio avviso, sono i punti di contatto fra Religione e Scienza. La maggior parte di queste similitudini sono applicabili anche alla Filosofia:

Malgrado queste evidenti affinità, ciascun pittore è convinto che che il suo quadro sia migliore degli altri.


I non credenti trattano spesso i fedeli come fratelli minori che credono ancora a Babbo Natale, ma le leggi su cui regolano la loro vita sono dogmatiche e incerte proprio come quelle dei fedeli.
Un cristiano e un non credente sono certamente d’accordo sul fatto che non si debbano uccidere gli altri esseri umani. Il cristiano pensa che sia sbagliato perché il sesto Comandamento vieta di uccidere; il non credente perché l’Articolo 3 della Dichiarazione dei Diritti Umani stabilisce che ogni individuo ha diritto alla vita. Il cristiano pensa di essere nel giusto perché esegue il volere di Dio; il non credente pensa di essere nel giusto perché le sue motivazioni non derivano da una leggenda.
Si sbaglia.
I trenta Articoli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU stabiliscono che:

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona; nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

La Dichiarazione, però, non spiega su quali prove scientifiche si basino queste affermazioni. Sicuramente non su dati sperimentali.
È priva di riscontri oggettivi anche la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789. Stabilisce infatti che:

Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti.

e che questi diritti sono:

la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.

ma non spiega su quali fatti si basino queste affermazioni.
Andiamo ancora più indietro nel tempo, sperando che la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Americani possa finalmente darci dei riscontri oggettivi su questa presunta (e auspicata) uguaglianza fra gli esseri umani, ma la fortuna non ci assiste, perché alla fine del nostro viaggio a ritroso negli ideali laici, ci scontriamo con un’affermazione non solo dogmatica, ma creazionista:

Noi consideriamo le seguenti verità evidenti di per sé: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili dal loro Creatore; che tra questi diritti ci sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità.

Definire un principio: evidente di per sé equivale a dichiarare un dogma: una convinzione che appartiene a chi scrive, ma non si applica necessariamente a tutti gli esseri viventi. L’unica versione scientificamente ammissibile di questa frase è quella proposta da Yuval Harari:

Noi consideriamo le seguenti verità evidenti di per sé, che tutti gli uomini si sono evoluti in modo differente, che essi sono nati con certe caratteristiche mutevoli, e che tra queste ci sono la vita e il perseguimento del piacere.1

Mancando un riscontro oggettivo, l’unico modo per determinare l’affidabilità di queste affermazioni è di valutare l’attendibilità della fonte da cui provengono, ma il risultato non cambia:

Considerazioni simili si potrebbero fare, oltre che per i liberali, anche per i comunisti, ma siccome non è educato parlar male dei morti, le tralasceremo.


Un’altra similitudine fra Scienza e Religione è la promessa di un futuro migliore. La Religione dice: “Se ti comporti bene, Dio ti accoglierà in Paradiso”. La Scienza, invece, dice: “Se studiamo e ragioniamo, alla fine riusciremo a penetrare il Mistero dell’Esistenza”. Dal mio punto di vista entrambe dicono la stessa cosa ed entrambe si sbagliano: non credo che esista un Paradiso e non credo che la Scienza, da sola, possa rivelarci il senso della Vita. Il limite della Religione è l’impossibilità di mettersi in discussione o, più precisamente, la difficoltà di variare i suoi dogmi in corso d’opera senza causare degli scismi. Il limite della Scienza, di contro, è l’impossibilità di accettare come vera qualsiasi affermazione non comprovabile sperimentalmente; un problema non da poco, se devi rappresentare un oggetto tidimensionale su una tela bidimensionale.
In compenso, però, credo che un’unione di Scienza e Spiritualità sia ciò di cui abbiamo bisogno per migliorare la nostra condizione attuale e il nostro futuro sul medio, sul lungo e sul lunghissimo periodo.

C’hi++ è precisamente questo: un’unione di mistica, informatica e liquidi prodotti della fermentazione dei cereali.
I computer sono un ottimo paradigma dell’esistenza, perché generano una realtà illusoria utilizzando delle sequenze di valori binarî sulla base delle istruzioni ricevute dai programmatori. Il testo che state leggendo è una sequenza di 1 e di 0 che il processore trasforma in lettere in base alla codifica ASCII e poi invia allo schermo che, a sua volta, le trasforma in sequenze di pixel di colori diversi. La finestra del browser in cui appare il testo è anch’essa una sequenza di bit che il sistema trasforma in una sequenza di pixel. Quando la spostate, in realtà state solo variando l’insieme dei pixel attivi all’interno dello schermo. La gestione di tutte queste trasformazioni è regolata da processori chiamati CPU (Central Processing Unit) o GPU (Graphical Processing Unit) che ricevono le istruzioni del programmatore come sequenze di 1 e di 0.
La CPU e il programmatore condividono la conoscenza di alcune entità come il software, l’hardware o lo svolgimento di un ciclo di istruzioni, ma ciascuno dei due le “vede” in maniera diversa. Quello che per il programmatore è codice sorgente, memoria RAM o file-system, per la CPU sono sequenze di byte in ingresso, in uscita o indirizzi di memoria.

I computer, oggi, sono in condizione di svolgere molti compiti che un tempo riuscivamo a svolgere solo noi. In futuro è possibile che riusciranno a fare tutto ciò che facciamo noi, ma finché resteranno dei computer, non potranno farlo come lo facciamo noi. Quando Deep Blue, il computer scacchistico dell’IBM, ha battuto Garry Kasparov nel 1997 non ha provato le stesse emozioni provate da Karpof durante gli incontri del 1985. Non ha avuto paura e non è stato felice. Ha giocato la partita, ma non l’ha vissuta.
Provo a chiarire meglio questo concetto con un altro brano della mia disputa epistolare. Vi prego di scusare il tono cameratesco (conversavo con mio fratello), ma è funzionale all’esempio.

Come la spieghi, a un computer, la frase: “23, bucio de culo”?
Il computer conosce il numero 23 (come: 00010111) e potrebbe gestire le lettere della frase come i corrispondenti numeri della codifica ASCII:

  00110010 00110011 00100000 01100010
  01110101 01100011 01101001 01101111
  00100000 01100100 01101001 00100000
  01100011 01110101 01101100 01101111

ma non ha modo di capire l'associazione fra il numero e la frase.
Non ha mai giocato a Tombola e non conosce la Smorfia; forse sa cosa sia un culo, ma molto probabilmente non conosce il termine gergale per “buco”. Tutto quello che potrebbe imparare è l'associazione pavloviana:

    23 = bucio di culo

che per lui, però, non avrebbe senso, perché, per il suo modo di vedere le cose, né il valore 23 né la stringa bucio de culo sono equiparabili.
Ecco: secondo me, gli scienziati sono dei computer che pensano di poter capire cosa significhi: 23, bucio di culo. Per prima cosa, hanno riconosciuto il numero 23, che era la parte più facile. Poi hanno capito che la virgola separa due parti della frase e che l'una è legata all'altra. Oggi, dopo anni di studio, sono riusciti anche ad associare i valori dopo la virgola ai corrispondenti caratteri ASCII, ma tutte queste scoperte hanno solo aumentato il loro livello di incomprensione, perché ciò che hanno capito — che è corretto — è qualcosa che loro non possono conoscere. Non perché siano stupidi, ma perché le parti di un meccanismo non possono vederlo dal di fuori.

Per capire cosa significa la frase: “23, bucio de culo”, il computer dovrebbe partecipare a una tombola natalizia italiana, cosa che non può fare fintanto che rimane un computer del tipo che noi conosciamo adesso. Allo stesso modo, noi non potremo capire davvero il significato della nostra esistenza finché resteremo gli esseri che siamo ora: intelligenti, stupefacenti sia nel bene che nel male, ma limitati. Anche se riuscissimo a fare un ritratto estremamente somigliante della nostra modella, sarà pur sempre un ritratto; la rappresentazione bidimensionale della parte del suo corpo che noi riusciamo a vedere. Per riuscire a raffigurarla completamente dovremo evolverci: diventare degli scultori e, così come abbiamo imparato a dipingere, imparare a modellare una grande statua con tanti piccoli pezzi di creta.
Quando questo avverrà, è probabile che si sarà persa memoria non solo del C’hi++, ma anche della vita sul Pianeta Terra. Nel frattempo, però, nulla ci vieta di preparare la base per il nostro primo bassorilevo.

Note:

  1. Harari, Yuval Noah. Sapiens. Da animali a dèi: Breve storia dell'umanità. Nuova edizione riveduta - Bompiani.

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